Hi tech, l’anno record di Israele nonostante la pandemia
Testata: La Repubblica
Data: 15 febbraio 2021
Pagina: 16
Autore: Sharon Nizza
Titolo: «Qui Tel Aviv, benvenuti nel Paese degli unicorni»
L’ anno nero della pandemia ha segnato il record di investimenti per l’hi tech israeliano, con 10 miliardi di dollari incassati nel 2020 da società tecnologiche private. Un incremento di oltre il 20% rispetto al 2019, che diventa ancora più notevole se paragonato allo stesso dato negli Stati Uniti (5%) e in Europa (1%). L’hanno chiamata Start-up Nation, Silicon Wadi, ma oggi, per rendere il senso del miracolo economico di questo Paese di 9 milioni di abitanti che è diventato il polo mondiale della tecnologia, si dovrebbe parlare del Paese degli Unicorni. Con questo nome mitologico si intendono le aziende innovative, non ancora quotate in Borsa, con una valutazione di almeno un miliardo di dollari. Solo nel 2020, 15 società israeliane hanno raggiunto questa capitalizzazione e, con le 30 già esistenti, costituiscono oggi il 10% degli unicorni a livello globale.
A raccontare l’evoluzione del fenomeno è Jonathan Pacifici, romano di nascita e israeliano per scelta, general partner del venture capital Sixth Millennium, nel saggio Gli unicorni non prendono il Corona. «Molte di queste società sono nate in Israele e si sono poi trasferite all’estero. Ma mantengono qui i centri di ricerca e mantengono un ruolo nell’ecosistema locale», spiega Pacifici. Cybersecurity, soluzioni per lavoro remoto, big data, meditech sono i principali settori che hanno attirato i grandi investimenti nel 2020. Tra i nuovi unicorni c’è Redis Labs, che offre una piattaforma di dati in tempo reale ed è il database più veloce al mondo (utilizzato anche per Immuni). Tra le start up che si sono reinventate c’è Bizzabo, nata nel 2011 come piattaforma per la gestione organica di grandi eventi. Con il collasso del settore, i fondatori hanno adattato il prodotto al mondo virtuale e si sono guadagnati il titolo di “startup più promettente del 2020” da parte della rivista economica Globes.

LE SFIDE DEL COVID
Una società che ha visto un’impennata grazie alla sfida del lavoro remoto è Monday.com, piattaforma italiana di gestione del lavoro in squadra, che ora sta per quotarsi in Borsa, con una valutazione intorno ai 4 miliardi di dollari. Sul fronte telemedicina, il boom di investimenti è arrivato per TytoCare, un dispositivo che consente di monitorare a distanza i parametri dei pazienti, già sbarcato in Italia. Secondo i dati di Start-Up Nation Central (SNC), organismo non profit che raccoglie il migliore database sull’ecosistema tecnologico israeliano, si contano 297 aziende che offrono soluzioni legate alle sfide poste dalla pandemia, di cui 196 in ambito medico. LessTests è stata fondata nel 2020 ed ha contribuito alla definizione del metodo pooling nei tamponi Covid, che consente di analizzare un numero elevato di campioni utilizzando solo un quarto dei test. Sonovia, specializzata in tessuti antimicrobici, con la pandemia ha iniziato a produrre mascherine e nei mesi scorsi ha firmato un accordo con il gruppo Adler per utilizzare il tessuto nei trasporti pubblici in Italia. Secondo Pacifici, una chiave per capire il «miracolo israeliano» è l’investimento sulla formazione dei bambini in ambito tecnologico. Ci racconta che sua figlia di 14 anni ha partecipato a un programma di imprenditoria biotech lanciato dall’ospedale Hadassah di Gerusalemme. «I ragazzi percorrono, guidati da esperti, tutte le fasi del lancio di una vera e propria azienda, dal concept al budget, dalla ricerca di mercato al sondaggio online, compresa la politica aziendale con l’elezione dei vertici». E poi c’è l’esercito, obbligatorio per ragazzi e ragazze, che può costituire un vero trampolino di lancio con le unità tecnologiche di intelligence, come la leggendaria 8200 da cui provengono i cervelli dietro ai grandi successi di Waze, Viber, Wix, Cybereason e altri. La conversione di tecnologia militare in civile abbraccia tutti i settori; le competenze acquisite in queste unità possono far svoltare la vita di una persona. «Questi elementi si intersecano con altri fattori determinanti, come la disponibilità di capitali e la presenza delle maggiori multinazionali, che hanno i propri centri di Ricerca e sviluppo qui e investono in continuazione». Intel, con i suoi 13.950 dipendenti, è il più grande datore di lavoro del Paese. Contribuisce al 2% del Pil, con quattro startup israeliane acquisite, tra cui Mobileye, che nel 2017 ha chiuso la maggiore exit israeliana di sempre: 15,3 miliardi di dollari.

GLI STIMOLI PUBBLICI
Lo spirito imprenditoriale è sostenuto anche dagli incentivi dell’Autorità israeliana per l’Innovazione, che gestisce gli investimenti dal ministero dell’Economia in ReD (4,95% del Pil secondo il World Economic Forum). Nell’anno della pandemia, l’Autorità ha intrapreso diverse iniziative per spronare l’ecosistema, come ci spiega Anya Eldan, Vicepresidente dell’Autorità. Già a marzo aveva pubblicato un bando da 10 milioni di dollari per soluzioni legate al contesto della pandemia. Per incrementare gli investimenti di seed capital, che hanno subito un calo a fronte dell’incremento dei mega round in fase avanzata (motivo per cui in realtà il termine Scale-up Nation per definire Israele è ormai più appropriato), l’Autorità ha stabilito un nuovo percorso: co-finanziamento del 40% del primo round, e il venture capital entro tre anni può decidere se restituire la somma in cambio di quote. Un’altra iniziativa è stata incoraggiare gli investitori più tradizionali, come assicurazioni e fondi pensione, ponendosi come garanti del 40% dell’investimento in caso di fallimento. Il trend di crescita si conferma anche a gennaio 2021, con 6 startup che hanno raccolto più di 100 milioni di dollari ciascuna, che equivalgono al 30% dei mega round dell’intero 2020. Per Meir Valman, direttore della ricerca all’SNC, le cifre record dimostrano la comprovata maturità dell’ecosistema tecnologico israeliano, estremamente resiliente, abituato ad affrontare emergenze e situazioni che richiedono capacità d’improvvisare. «Riflettono la determinazione della società israeliana: non si perde un’opportunità perché non sai mai quando si ripresenterà».